L’INTERVISTA-NICOLA VALENTI, ALLENATORE DELLA PRIMA SQUADRA, SI RACCONTA…

 In L'INTERVISTA

Quarta intervista per la nostra rubrica: oggi è il turno di Nicola Valenti, allenatore della Prima Squadra da ormai quattro anni.

Sono quattro anni che Lei siede sulla panchina giallorossa, l’unica squadra che finora ha allenato. Il palmares parla di un campionato vinto, una salvezza in serie D e un quinto posto: un ruolino invidiabile. Qual è il Suo segreto per raggiungere determinati risultati?

Innanzitutto buongiorno a tutti. Come inizio non posso certo lamentarmi ma non c’è nessun segreto dietro a questi risultati; il merito è dei giocatori, i veri protagonisti in campo, e di una società che sostiene sempre il proprio allenatore.

C’è un allenatore in particolare dal quale ha appreso qualche trucco o insegnamento che utilizza oggi nei Suoi allenamenti?

Sicuramente ogni allenatore che ho avuto nella mia carriera da calciatore mi ha lasciato qualcosa che solo adesso scopro di riutilizzare durante la mia gestione. Ma uno in particolare, senza togliere nulla agli altri, mi ha insegnato la cultura del lavoro, dell’umiltà, del rispetto, mi ha insegnato che il calcio è una cosa semplice e che per fare uno sport in generale c’è bisogno di tantissima passione. Tutto questo mix mi ha portato a creare la famosa mentalità vincente che per me significa fare ciò che mi piace al massimo, senza fatica, con rabbia e voglia di rivalsa dopo una sconfitta e grande soddisfazione dopo una vittoria. Il nome dell’allenatore? Mario Astolfi.

Che ambiente ritiene che sia Scanzo come società calcistica? Ha qualche consiglio per migliorare ancora di più questa società?

E’ il classico ambiente tranquillo dove i rapporti umani contano parecchio. E’ chiaro che i risultati hanno sempre un ruolo chiave e, come ho appreso dalla mia carriera da calciatore, più si sale di categoria e più conta, rendendo più difficile mantenere dei valori di squadra simili all’essere una famiglia. Di miei consigli non ne hanno bisogno, sono l’ultimo a cui dovrebbero chiederli…forse Perico (Gianni, il nostro team manager, ndr) può darne di più, vista anche la sua grande esperienza tra i professionisti. C’è da dire che è sotto gli occhi di tutti che la società in questi anni abbia fatto passi da gigante.

La categoria le impone di far giocare 4 giovani obbligatoriamente. Questa regola aiuta i giovani oppure li penalizza?

Io sono per la meritocrazia e perciò questa regola aiuta solo i più bravi che giocherebbero lo stesso anche senza regola; penalizza invece chi non è ancora pronto ma per una serie di fattori deve essere buttato lo stesso nella mischia…tanti giovani, purtroppo, sono solo di passaggio e una volta usciti dalle annate che compongono la regola si perdono nelle categorie inferiori, spesso non trovando qualcuno disposto a dargli fiducia. Il problema di fondo è, secondo me, che spesso giovani non ancora pronti tolgono spazio ad altri giocatori giovani ma ormai vecchi perchè fuori regola che sono costretti a scendere di categoria per trovare spazio.

Ormai il calcio di oggi è molto attento a dettagli che magari una volta non venivano neanche considerati. Figure come preparatori atletici, tattici, analisti che studiano le statistiche della squadra per migliorarla cominciano a diffondersi sempre più anche in serie D. Quanto può aiutare questo tipo di calcio 2.0? Come si muove un allenatore in mezzo a queste nuove dinamiche nello scegliere i calciatori da schierare in campo?

Il calcio è in continua evoluzione e avere più informazioni sugli avversari, conoscendone pregi e difetti, aiuta a preparare al meglio la partita, anche se purtroppo la bravura della squadra avversaria o di un giocatore può sempre fare la differenza. Per quanto riguarda il discorso fisico-atletico, un professionista è indispensabile, una persona che abbia studiato apposta per assumere questo ruolo nell’ambito sportivo, e siamo estremamente fortunati ad avere una persona come Tosoni, il nostro preparatore atletico. Per una realtà come la nostra è chiaro che avere più professionisti nei vari aspetti aiuta molto.

La squadra che allena quest’anno ha un’età media molto più bassa rispetto a quelle degli anni precedenti. E’ meglio lavorare con una squadra più esperta, come è solito fare Roberto Mancini, oppure meglio avere giovani da sgrezzare e far crescere tecnicamente e tatticamente, sull’esempio delle squadre di Zeman?

Credo che il mio compito sia quello di far rendere al massimo ogni tipo di giocatore, giovane o vecchio che sia, sapendo gestire tutti gli aspetti fra cui appunto l’età del calciatore…credetemi non è per nulla semplice!

La Sua carriera nei grandi inizia con l’Albinese. Che ricordi ha del Suo esordio?

La mia carriera iniziò nella stagione 1994-95 in serie D con l’Albinese, dove giocai sino al 1998. In quei 4 anni facemmo 3 campionati di Serie D, di cui l’ultimo vinto e una stagione in C2. Del mio esordio ricordo che era una partita contro il San Paolo d’Argon e terminò 2-2; pensavo di essere sostituito dopo poco tempo e invece giocai tutta la partita e fu una grande gioia.

Successivamente si trasferisce a Meda, sempre in C2. La prima esperienza “fuori casa”. Ha qualche aneddoto da raccontarci?

Prima della C2 facemmo un campionato di Serie D, che vincemmo e quindi ritornai a giocare nei professionisti. Sicuramente l’aneddoto più interessante che posso raccontarvi fu quando ci fu il blocco totale del traffico sulla superstrada Milano-Meda in occasione di un’amichevole contro l’Inter. Noi giocammo con una difesa a 3 quella partita ed io fui schierato sul centro-destra…sapete chi giocava nel loro tridente? Baggio, Ronaldo (il fenomeno, quello vero) e Recoba; più altri giocatori come Jugovic, Zanetti, ecc. Fate voi i debiti calcoli su che fenomeni avessimo davanti!

La Sua carriera continua poi in Serie D e sul finire della carriera in Eccellenza, dove vince parecchio. Come si costruisce la mentalità vincente in una squadra? Quali ingredienti servono per arrivare alla vittoria?

Gli ingredienti principali sono: unità d’intenti, perchè senza quella non si va da nessuna parte, rispetto dei ruoli, una buona dose di autocritica, ma sempre costruttiva e inoltre un po’ di “fattore C”, ovvero un pizzico di fortuna che non guasta mai. Inoltre ci vuole sempre tanta, tantissima passione per questo gioco stupendo.

Ultima domanda. Supponiamo che Lei abbia in mano un assegno in bianco e come un manager inglese debba costruire una squadra di 11 giocatori. Chi schiererebbe in campo? (Valgono sia suoi ex compagni di squadra che campioni affermati)

Per non fare torti a nessuno dei miei ex compagni con cui ho giocato o con cui ho condiviso momenti indimenticabili, sfrutto l’assegno in bianco e prenoto un aereo per Madrid; vado da Florentino Perez e gli compro tutti i 10 giocatori di movimento del Real Madrid. Poi mi sposto in Baviera e in porta piazzo Neuer. Poi basta spendere, altrimenti poi chi lo sente il presidente Oberti!! Il calcio è semplice, no?

L’intervista finisce qui ed è stata sicuramente ricca di informazioni utili dal punto di vista di come poter gestire un gruppo di giocatori in una categoria importante come la Serie D. Ringraziamo Nicola per la grande disponibilità e per gli spassosi aneddoti che ci ha raccontato.

Per tutti i nostri lettori, ci vediamo giovedì prossimo con un’altra intervista. FORZA SCANZO!!

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