L’INTERVISTA-PIETRO CAVALLINI, EX NUMERO 10 DELLO SCANZO AGLI ESORDI, SI RACCONTA

 In L'INTERVISTA

Una sola stagione di permanenza a Scanzo, 12 mesi che sono bastati a chi ha potuto vederlo all’opera a farlo entrare di diritto nella Storia della società. Pietro Cavallini, il regista della prima formazione schierata dalla società appena nata nel lontano 1967, è una persona legata indissolubilmente ai colori giallorossi, tanto che oggi lo si vede spesso al campo, a dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, che chi arriva allo Scanzo non se ne va mai, in realtà.

Buongiorno Pietro. Lei rappresenta una delle “vecchie glorie” dello Scanzo; cosa Le provoca questo fatto?

Devo dire che quest’intervista è stata un fulmine a ciel sereno! Mai mi sarei aspettato di rientrare in questa particolare rubrica, per di più nei giocatori storici della società; rappresentare una delle cosiddette “vecchie glorie” mi provoca una grande emozione e anche l’orgoglio di aver fatto parte di una società come lo Scanzo. Vi sono entrato proprio al momento della sua fondazione e subito vincemmo il campionato di Terza Categoria, con tanto di molti record battuti per il calcio dell’epoca

Come avvenne il primo approccio con la società Scanzo, peraltro appena nata? Che ambiente era?

Per comprendere come avvenne l’incontro con i giallorossi, bisogna prima spiegare come era il rapporto tra genitori e figli, completamente diverso rispetto ad oggi; le priorità erano studiare, per chi ne aveva le possibilità, oppure l’alternanza tra lavoro e scuole serali, mentre il calcio era considerato come un divertimento. Nel 1964 mi congedai quindi dall’Atalanta, nonostante avessi alcune richieste importanti, anche perchè la mia famiglia non voleva che dessi priorità al pallone; l’anno successivo, inoltre, come tutti i giovani maschi dell’epoca, partii per il servizio militare, vera e propria palestra di vita (metteva a posto anche le teste calde, credetemi ahahah). Infine arriviamo al 1967 quando un gruppo di appassionati del paese si mise in testa di formare una squadra di calcio e così eccomi qua pronto ad iniziare una nuova avventura. Come avrete capito, insomma, era un ambiente di paese, dove le famiglie erano tutto sommato d’accordo a mandare i propri figli dopo ovviamente lavoro e scuola!

Com’era il calcio di allora? Cosa vorrebbe tornasse, nel calcio di oggi, di quegli anni?

La squadra di allora era composta da 10/11 giocatori di Scanzo e solo 5 “forestieri”…nel calcio di allora nascevano molte squadre ma il nucleo fondamentale era formato da giocatori del paese nella maggior parte dei casi. Ovviamente nessuno era pagato, perciò noi ragazzi eravamo mossi solo dalla volontà di giocare e stare insieme, divertendoci, mettendo sul campo tutte le qualità migliori che ognuno possedeva. Ricordo che fu una vera e propria rimpatriata tra amici, anche se per qualcuno, me compreso, durò solo una stagione. Forse oggi anche le realtà più piccole hanno un po’ dimenticato la bellezza di giocare per divertirsi, basando le proprie decisioni solamente sul mero risultato, positivo o negativo che sia.

In che ruolo giocava? Quali caratteristiche doveva avere, ai tempi, un ragazzo per poterlo interpretare al meglio?

Il mio ruolo era quello del numero 10, quindi ero il regista della squadra, colui che faceva un po’ da collante tra difesa e attacco, senza disdegnare di buttar dentro qualche pallone in porta. Per interpretare questo ruolo, oggi come allora, era una buona padronanza dei fondamentali del gioco del calcio, ovvero in primis avere la testa ben salda sulle spalle, pensando prima al bene del gruppo e poi a quello del singolo, poi ovviamente una buona tecnica di base e infine tantissima passione!

Nei primi quattro anni lo Scanzo venne ripescato per ben tre volte dopo essere retrocesso sul campo in Terza Categoria. Cosa pensa mancò per raggiungere l’obiettivo che la società si era prefissata?

Parlando da spettatore esterno, posso solo dare un’impressione personale che non corrisponde a una verità assoluta. Penso sia dovuto all’esodo di alcuni giocatori che, allettati dalle chiamate di squadre di categorie importanti, lasciarono un vuoto difficile da colmare con giocatori di altrettanta qualità ed esperienza.

Qual è il segreto dei miglioramenti ottenuti dallo Scanzo negli ultimi anni?

Il segreto dei miglioramenti ottenuti dalla società lo voglio paragonare ad un mosaico iniziato più di mezzo secolo fa con la prima tessera posata in attesa che arrivasse il pezzo successivo e così via, fino ad oggi. Questo mosaico è ancora incompleto e finchè ci sarà la società piano piano si arricchirà di nuovi frammenti, sperando che non si trasformi in un’opera incompiuta. Questi tasselli riguardano tutto: dalla crescita costante a livello societario, all’ingresso di persone di spessore per una realtà come la nostra…insomma a tutti quelli che hanno contribuito a questo processo, soprattutto negli ultimi vent’anni va un grande plauso, perchè mantenersi a certi livelli non è per nulla facile.

Cosa pensa di aver lasciato ai tifosi giallorossi che hanno potuto ammirarLa in campo? Cosa invece hanno lasciato loro a Lei?

Per quanto riguarda i tifosi giallorossi penso di aver lasciato un ottimo ricordo, soprattutto nell’unica stagione condivisa con la stessa maglia indosso. Da loro ho ricevuto tantissimo affetto e ammirazione, perciò colgo l’occasione di ringraziarli e abbracciarli, dal primo all’ultimo.

Lei è un prodotto delle giovanili dell’Atalanta. Com’era la Dea a quei tempi? C’era già quell’attenzione al vivaio che c’è tutt’ora?

Preciso che l’arrivo in nerazzurro da bambino non fu un trasferimento diretto, da una società all’altra, ma frutto di provini sui campi di provincia, insieme ad altri promettenti calciatori. Da questi provini si passava alla selezione definitiva, un vero e proprio dentro e fuori, o la va o la spacca. Il primo provino, per mia fortuna, fu anche l’ultimo perchè la prima palla che toccai feci un sombrero al difensore, dopo uno splendido uno-due con un compagno, e segnai a fil di palo; quel giorno assistette alla partita il dottor Brolis che mi fece chiamare in panchina per firmare il tesserino, con la presenza dei genitori che dovevano apporre la propria firma (fortunatamente mio padre, tifoso dell’Atalanta, mi fece in regalo la firma di quel tesserino). In quel periodo il vivaio della Dea era molto prolifico e di altissima qualità, guidato, almeno per quanto riguardava la mia squadra, da due giganti della panchina come Mihaly Kincses e Stefano Angeleri.

Prima e dopo lo Scanzo, ebbe altre esperienze calcistiche?

Dopo lo Scanzo le altre esperienze le feci con Chiuduno per una stagione, Vertovese, due stagioni, poi una al Clusone ed infine due alla Gandinese.

Essendo stato anche aiuto allenatore nel Settore Giovanile, che consiglio darebbe ad un giovane per sfondare anche in Prima Squadra?

Il consiglio che darei ai giovani l’ho già espresso qualche domanda fa, perciò ribadisco che senza testa, tecnica e passione non si va molto lontano, ieri come oggi.

Ci racconta un aneddoto, positivo o negativo, accadutoLe durante la carriera?

Di positivo posso dire di aver sempre avuto un ottimo rapporto con tutti i presidenti delle squadre in cui sono stato, che mi volevano un gran bene e che mi dimostravano di avere grande stima nei miei confronti. Non sempre accade una cosa del genere. Purtroppo mi viene in mente quando nel 1967, su segnalazione del nostro dirigente Innocenti Luigi, fui convocato per la finale regionale di categoria a Monza con la rappresentativa bergamasca; purtroppo dovetti rinunciare per via di un banale infortunio alla caviglia, perdendo la possibilità di mettermi in luce.

Concludiamo con la sua top 11. Ci schiererebbe in campo una formazione formata da compagni o avversari o giocatori professionisti che vorrebbe sempre accanto a Lei?

Non voglio fare torti a nessuno perciò preferisco citare un gruppo che fa parte del mio cuore, che ho allenato per quattro stagioni con tre allenatori diversi, tra Pulcini ed Esordienti. Sto parlando del gruppo di ragazzi classe 1995, sul quale la società riponeva grandi speranze per un futuro roseo in Prima Squadra, ma che purtroppo non ha mantenuto le aspettative. In ogni caso ritengo che il legame che si era creato all’interno di quel gruppo, con ragazzi provenienti praticamente tutti da Scanzo, mi ha colpito particolarmente e perciò ricordo quel periodo volentieri.

 

Ringraziamo Pietro per le brillanti risposte e per la vagonata di ricordi che ha lasciato ai nostri lettori, che sicuramente sapranno apprezzarne i valori, anche se non hanno potuto vederlo in campo. FORZA SCANZO!!

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